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martedì 1 settembre 2015

L'angelo bello e la Cosa - Da "Le proiezioni nella stanza 5" di Tiziano Consani





Prologo 

L'infermiera mi lascia seduto sulla tazza del WC, mi chiede se deve restare, le rispondo che non mi pare il caso. Mi alzo, poi mi volto e guardo, con soddisfazione, lo sprofondare del mio elaborato fecale nel vortice d'acqua del mulinello prodotto dallo sciacquone: segno di una sicura ripresa del flusso biologico personale.

Nel medesimo istante che dedico a cotanta e quanto meno riflessiva osservazione, un capogiro: chiamo per due volte l'infermiera fuori dalla porta e... buio totale! 


L'angelo bello e la Cosa


La sequenza di fotogrammi che si pone davanti alla mia visuale è irreale. C'è una figura eterea, quasi trasparente, femminile, con un viso bellissimo, di una bellezza indefinibile, dai capelli mossi e biondi, lasciati cadere sulle spalle e sui due meravigliosi seni nudi, con due occhi azzurri e tanto profondi quanto possa esserlo un oceano. Ha occhi bellissimi e magnetici che mi attirano a sé e mi fanno fremere di  desiderio, più carnale che spirituale. 

Mi muovo, in direzione del mio angelo bello, come un piccolo frammento ferroso viene attratto da un magnete poderoso. Non voglio far niente per impedire quell'evento e riesco solo a fremere di incontenibile e morboso desiderio. 

Sto per raggiungere la figura e da questa esserne risucchiato, dentro la sua aurea di bellezza, nei suoi occhi, in un mare limpido e trasparente, pieno di luce bianca, rarefatta, quasi invisibile, con una serenità totale. 

Sono lì, quasi sulla linea di arrivo quando, proprio in quell'istante, arriva rumorosamente uno strano essere , grosso, brutto e grezzo, dal corpo costituito di pietra verrucana*, che mi ricorda la "Cosa", uno de "I Fantastici 4", celebre quartetto fantasy dei fumetti di alcune decine di anni fa. Tanto che, così, con tale medesimo nome, immediatamente, lo inizializzo in anagrafe. 

La Cosa, con le sue manone giganti, quanto incredibili, agguanta l'angelo bello per il collo e, prima, strizzandoglielo, gli fa schizzare i meravigliosi occhi azzurri verso l'esterno e, poi, dopo, ne fa esplodere l'attraente e irresistibile figura in infinite lingue di fuoco che vengono ingoiate dalle profondità bollenti di un pozzo invaso da urla agghiaccianti. 

La Cosa mi guarda, mi strizza una delle sue due cavità oculari mostruose e scavate nella durissima pietra di Calci e, con voce roca e profonda, mi dice: "Vai Pòrdo, anco 'uesta è fatta! Certo che 'un ti si pòle lascià solo 'n menuto e guarda, 'n po' po', te, che troiài 'ombini!" Poi si gira e torna indietro nella direzione dalla quale era arrivato, rumoreggiando come un Caterpillar della ditta "Grandi"di Coltano. 


Epilogo 

Sono steso sul lettino, un' infermiera mi sta tenendo le gambe alzate, un'altra mi schiaffeggia e mi tiene la testa all'indietro, due medici e il primario mi guardano con aria apprensiva. Vomito sul pavimento della stanza 5, l'intero bicchiere d'orzo della mia colazione, insieme alle due fette biscottate che ci avevo inzuppato dentro.

Elettrocardiogramma, ecografia, rilievo della pressione circolatoria e tre emocromo consecutivi eseguiti a fasi progressive nei giorni a seguire, non evidenziano anomalie dell'intervento e/o patologie fisiche. I medici mi rassicurano e dicono che, talvolta, capita che un paziente recentemente operato, perda conoscenza. Mi raccomandano di stare tranquillo anche se la degenza si prolungherà di qualche giorno per osservazione. 

* Pietra verrucana: durissima roccia, impiegata un  tempo per la costruzione di macine da mulino e originaria della Verruca: una località di Calci (PI).

TC

Da:  LA STANZA N. 5 - Cose strane -

Ho fissato quella parete per giorni e per notti. Interminabili notti e altrettante interminabili sequenze buie di immagini. Quelle dei miei incubi, dei pensieri negativi, sicuramente dovuti ai postumi dell'anestesia, a quelli della morfina e di tutta la miscela di farmaci somministrati via endovena, con interminabili flebo.

I brevi momenti di preghiera, consentiti dal mio Credo, hanno alleviato il grigiore di quello strano scorrere di miserie. Come il vento di libeccio, con la sua azione poderosa, riesce a portare via tanta nuvolosità in poche ore.

Lo schermo-parete, così è diventato, a momenti alterni, cinema tridimensionale in quadricromia e giornale in solo bianco e nero: talvolta più nero del suo stesso stato, per far intendere meglio la precarietà della nostra breve esistenza, con le proprie immagini piatte, senza dimensioni e prospettive, rimaste impresse nei fotogrammi di una pellicola usurata e contenente figure di mostri dalle ampie fauci, pronte a ingoiarmi insieme alle mie paure.

Come fuori senno ho riso, pianto e meditato in contemporanea, raccogliendo informazioni e dati per poi poter riportare il tutto su questo foglio bianco. Ho immagazzinato il buono nel poco spazio disponibile delle mie meningi e ho cestinato il cattivo nella mia cartella di trash biologica. Ne è uscito fuori qualcosa che, nei prossimi giorni, posterò un po' alla volta su questa mia pagina.

Insomma, sceneggiature che, a raccontarle, raffigurano epiloghi di un "drogato", certo non per propria scelta. Episodi che possono capitare a chiunque, visualizzabili in semplici sogni o atroci incubi. Cose strane che mi hanno fatto riflettere. Pertanto le ho volute raccontare.


TC