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"Le storie di Pòrdo" di Tizano Consani
Racconto a
puntate in vernacolo pisano con traduzione
La
veglia 'on ir mòrto
(Una notte con il morto)
(Una notte con il morto)
Pòrdo
stava di 'asa a Treccolli e era 'n burlettone che quando ne 'nventava
'uarcheduna de le sue, per quarch'anno di seguito e anco parecchio
più 'n là, ne le botteghe der paese e a le veglie 'n der canto der
fòo, le su' trovate s'arraccontavano da sé: da tanto stavano 'n su
la bocca di tutti.
Una
sera di fin'ogosto, 'nsieme a Jaupino (ma lo chiamavan tutti
"Trombone" di soprannome, perché onni venerdì si pigliava
'r tempo di mettéssi a trombà* 'na damigiana der su' vinello e
s'avvantava d'avella risucchiata, a son di gozzate ar fiasco, prima
'he finisse la settimana), andónno 'nsieme a fa' l'utima veglia a 'n
paesano ch'era 'mparentato, di 'uarta mandata, con Jaupino, drento la
'appella der camposanto di 'Astermaggiore: a quer tempo 'uando moriva
'uarcheduno usava lasciallo lì, a cassa aperta, tutta la notte,
prima 'he fusse sotterrato 'r giorno doppo.
Traduzione
Fine
prima puntata
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Pordo
abitava a Tre Colli ed era un pastore astuto e burlone. Quando
inventava qualcuna delle sue buffe storie ci creava intorno anche una
calzante sceneggiatura, tanto che, per diversi anni a seguire, nei
luoghi pubblici del paese e nelle case dove c'era un caminetto che
raccoglieva persone accanto al fuoco, le sue marachelle si
raccontavano quasi da sole, da tanto stavano sulla bocca dei
più.
Una sera di fine agosto, insieme a Jacopino (ma
lo chiamavano tutti "Trombone" di soprannome, perché ogni
venerdì si prendeva il tempo di mettersi a trombare* una damigiana
del suo vino e si vantava di averla svuotata, a forza di bevute al
fiasco, prima che terminasse la settimana), andarono insieme a fare
l'ultima compagnia ad un paesano che era parente, alla lontana, con
Jacopino, dentro la cappella del cimitero di Castelmaggiore: a quel
tempo quando qualcuno se ne andava a miglior vita, era consuetudine
di lasciarlo lì, a bara aperta, tutta la notte, prima che fossse
sepolto il giorno dopo.)
^ Trombà: infinito
vernacolo del verbo "trombare" che, in questo caso, che è
quello originario, significa travasare il vino da un recipiente a un
altro utilizzando una canna, un tubo, ovvero una tromba (donde il
verbo). Nel pisano il tubo è fissato a un’asta, in legno o canna,
che ne impedisce il pescaggio del liquido dal fondo, ed evita
l'intorbidimento del liquido, quasi sempre vino.
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