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giovedì 19 novembre 2015

La veglia 'on ir morto - (Una notte con il morto)


Questo racconto, a puntate,  è offerto in lettura gratuita da:






Da "Le storie di Pòrdo" di Tizano Consani

Racconto a puntate in vernacolo pisano con traduzione


La veglia 'on ir mòrto
(Una notte con il morto)



Pòrdo stava di 'asa a Treccolli e era 'n burlettone che quando ne 'nventava 'uarcheduna de le sue, per quarch'anno di seguito e anco parecchio più 'n là, ne le botteghe der paese e a le veglie 'n der canto der fòo, le su' trovate s'arraccontavano da sé: da tanto stavano 'n su la bocca di tutti.

Una sera di fin'ogosto, 'nsieme a Jaupino (ma lo chiamavan tutti "Trombone" di soprannome, perché onni venerdì si pigliava 'r tempo di mettéssi a trombà* 'na damigiana der su' vinello e s'avvantava d'avella risucchiata, a son di gozzate ar fiasco, prima 'he finisse la settimana), andónno 'nsieme a fa' l'utima veglia a 'n paesano ch'era 'mparentato, di 'uarta mandata, con Jaupino, drento la 'appella der camposanto di 'Astermaggiore: a quer tempo 'uando moriva 'uarcheduno usava lasciallo lì, a cassa aperta, tutta la notte, prima 'he fusse sotterrato 'r giorno doppo.



Traduzione
Pordo abitava a Tre Colli ed era un pastore astuto e burlone. Quando inventava qualcuna delle sue buffe storie ci creava intorno anche una calzante sceneggiatura, tanto che, per diversi anni a seguire, nei luoghi pubblici del paese e nelle case dove c'era un caminetto che raccoglieva persone accanto al fuoco, le sue marachelle si raccontavano quasi da sole, da tanto stavano sulla bocca dei più.



Una sera di fine agosto, insieme a Jacopino (ma lo chiamavano tutti "Trombone" di soprannome, perché ogni venerdì si prendeva il tempo di mettersi a trombare* una damigiana del suo vino e si vantava di averla svuotata, a forza di bevute al fiasco, prima che terminasse la settimana), andarono insieme a fare l'ultima compagnia ad un paesano che era parente, alla lontana, con Jacopino, dentro la cappella del cimitero di Castelmaggiore: a quel tempo quando qualcuno se ne andava a miglior vita, era consuetudine di lasciarlo lì, a bara aperta, tutta la notte, prima che fossse sepolto il giorno dopo.)



^ Trombà: infinito vernacolo del verbo "trombare" che, in questo caso, che è quello originario, significa travasare il vino da un recipiente a un altro utilizzando una canna, un tubo, ovvero una tromba (donde il verbo). Nel pisano il tubo è fissato a un’asta, in legno o canna, che ne impedisce il pescaggio del liquido dal fondo, ed evita l'intorbidimento del liquido, quasi sempre vino.


Fine prima puntata

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