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lunedì 21 marzo 2016

Tre giorni fuori porta





Erano poco più delle sette e quella mattina, Franco e Laura partivano, con la loro utilitaria a GPL, e si dirigevano da Calci, dove risiedevano, verso la direzione di Roma capitale. Lui saldatore specializzato in un cantiere domiciliato presso i Navicelli pisani e lei portalettere in servizio precario all'ufficio postale di Lari.  Entrambi coronavano il sogno sofferto per cinque anni. Sì, un lustro di tempo per permettersi il lusso di scappare dal solito tran tran quotidiano e fare una breve vacanza a poco più di trecento chilometri di distanza che, per loro, era equivalente a un espatrio fuori continente. 
"Laura in quale pensione hai prenotato, a Roma?", chiese Franco. La giovane donna, con  voce felice e tranquilla, rispose che il portale web consultato le aveva consigliato l'albergo Kinzica in piazza Garibaldi nella zona delle Mura Aurelie, che univa il buon prezzo della camera matrimoniale con il servizio di  mezza pensione inclusa. "Senti, ma i bimbi, così parcheggiati per tre giorni dai nonni, quando si sveglieranno e non ci troveranno, si spaventeranno?", aggiunse Laura rivolgendosi al suo uomo. "'Un ti sta' a preoccupà. Senza su' ma' e su' pa', vedrai com'ènno più contenti, quando si svegliano!" Tuonò Franco nel suo dialetto pisano e aggiunse: "Poi, noiartri si sta fòri tre giorni, mì'a tre mesi! Era tanto che si diceva e, dai dai, ci s'è fatta!" Laura lo guardò con ammirazione e rispetto e si rilassò, godendosi la tranquillità del viaggio. In poco più di tre ore, furono a destinazione.
Appena entrati nella città eterna, il piccolo e indispensabile Tom Tom cominciò con il suo incessante "Ora gira a dex, alla rotonda prendi la seconda uscita, poi gira a sinistra" e così via finché non fu chiaro che la destinazione era stata raggiunta.

Lo stupore si dipinse all'istante sulle facce di tutti e due. Mister Tom Tom li aveva fatti fermare nella parte finale di via Benedetto Croce. Sulla loro destra avevano i licei statali e in fondo alla strada c'era Piazza Garibaldi. Dalla parte opposta, avevano Piazza Guerrazzi. "O... che passata è, questa e' qui!" Disse Franco guardando fisso Laura. Poi aggiunse:  "Mi par d'èsse' nella mi' Pisa! Se, 'n su la piazza qui davanti, 'un ci fosse la pensione Kinzica 'n der mezzo, parrébbe d'èsse rimasti a casa! Si vede che noiartri, Pisa, 'un si pòle lascià. Lo vedi, Laura, ci viene drèto anco 'n sino a Roma. Se si va 'n San Pietro, allòra, ci sta anco di trovacci drento la Certosa di 'Arci!". A quel punto Laura, ci fece una risata e convenne che fosse bastato che non uscisse fuori qualche somiglianza di luogo con Lari, "sennò", si disse, "Bisognerà che consegni la posta anche qui!" e rise, fortemente e a lungo. A Franco piaceva molto la sua donna quando rideva così, la vedeva più bella e più desiderabile.

Parcheggiarono la macchina nel garage della pensione e, con pochi bagagli, si recarono al ricevimento porgendo all'impiegato la prenotazione web acquisita a prezzo super promozionale. La pensione Kinzica, a due stelle, si presentava molto bene e più che un albergo economico sembrava un grande Hotel a cinque o sei stelle. La sala d'accoglienza era enorme e alla ricezione dei clienti c'erano quattro persone, due donne e due uomini, molto gentili, che davano del signor e della signora a chiunque entrasse. Dopo le convenute registrazioni di routine, la coppia pisana, venne accompagnata da due fattorini in tenuta rossa e... tanto di croce bianca... nello stupore più completo, in un lussuoso appartamento con vista sul Tevere. 

Appena i fattorini furono usciti chiudendosi dietro la porta, Laura saltò sul letto esclamando "Da non credere! Uno schianto di camera! Bella, bella, e arribella!". "Lo pòi dì' forte!" aggiunse gridando Franco. "Guarda 'uà, che po' po' di lavorìo! Da la finestra, si vede anco la torre che pènde! Ma quello laggiù che scorre,  è 'r Tevere o l'Arno?". La donna disse al marito di smettere di scherzare e usando il suo modo solito che sapeva che cosa voleva, per un paio di ore, l'attenzione della coppia si concentrò su ben altre meraviglie della natura.

Erano ormai le cinque del pomeriggio e dopo il meritato riposo, mentre Laura si faceva una doccia calda per poi prepararsi ad uscire, Franco se ne uscì dall'appartamento per fare un giro veloce intorno al perimetro del Kinzica dove avevano alloggiato. Dopo poco meno di un quarto d'ora, l'uomo era di nuovo alla porta della camera numero sessantanove. Lo stesso numero di appartamento dove, alcune ore prima, i due fattorini accompagnatori, avevano accompagnato la coppia. Franco bussò alla porta per farsi aprire dalla moglie ma nessuno venne a farlo. Ribussò più volte. Niente e nessuna risposta dall'interno. Provò a girare la maniglia e la porta, che non era chiusa dal'interno, si aprì subito. Di nuovo, lo stupore, si dipinse sulla faccia di Franco.  L'appartamento bello non c'era più. Davanti a lui si presentò una piccola e malamente arredata cameretta e Laura, probabilmente, era sempre sotto la doccia. Infatti, nel medesimo frangente, la donna uscì dal bagno, vide Franco e dette un urlo da far paura. Ma non era Laura. Era un'anziana signora romana che, dallo spavento, urlava come una pazza. Franco uscì dalla camera correndo verso la portineria che era al piano terra, quasi volando le scale, in discesa, da quel quinto piano dove si trovava. Si presentò davanti al bancone della sala di ingresso e, agitato, rivolgendosi a tutti e quattro gli impiegati, disse loro che alla porta sessantanove, al posto dell'appartamento e della propria consorte, aveva trovato una cameretta con dentro una vecchia donna urlante. Una delle addette alla reception, sorridendo, e vedendo arrivare l'uomo dalla parte opposta della sala, gli spiegò che sicuramente era entrato nell'ala opposta, quella della zona economica dell'albergo dove risiedevano temporaneamente alcuni anziani del luogo senza dimora fissa e ospitati sotto retta del centro sociale, in attesa di una sistemazione adeguata alla loro condizione. Il numero della stanza non è altro che il novantasei che si è capovolto perché il nostro operaio non ha ancora rimesso uno dei due chiodini di fissaggio e, il numero, ruota liberamente su se stesso.
Chiarito l'equivoco, Franco torna, prendendo la direzione giusta, da Laura. Ma quest'ultima, nell'appartamento non c'è. "Sarà sortita a cercammi" si disse fra sé. Infatti, dopo pochi secondi, il suo smartphone comincia a vibrare e sul piccolo monitor compare la foto della sua Laura. "Ma dove sei finito? Son due ore che ti cerco!" esplose la giovane donna. "Rivo subito, son qui alla porta der sessantanove, perché son ito prima ar novantasei, ma s'era rigirato 'r numbero... 'Nsomma, te lo dì'o doppo, sennò, òra, perdo 'na giornata 'ntera per raccontatti 'r fatto! Dimmi 'n dove sièi che 'n du' balletti son lì da te!".  Franco tanto disse e tanto fece. In un minuto raggiunse Laura, alla porta d'ingresso della pensione Kinzica,  che aveva già in mano i biglietti della metropolitana per andare direttamente in Piazza San Pietro, in Vaticano. Per muoversi nella città usavano le indicazioni che il servizio mappe della compagnia telefonica forniva gratuitamente dal cellulare di Laura. Scesero alla fermata segnalata, uscirono dal tunnel della metropolitana, salirono i gradini della scala e davanti ai loro occhi si materializzò la grande piazza. Ma non era Piazza San Pietro, era Piazza dei Miracoli e c'era anche il solito turista a far finta di sorreggere il campanile pendente prima di farsi immortalare nell'assurda posizione. "Gao! Arrigao 'n antra vòrta e anco artre due o tre vòrte di seguito!" Disse Franco, mentre Laura lo fissava allibita dicendo: "Dai, Franco. Come hai fatto a farmi uno scherzo così, sembra tutto vero!" Ma la torre pisana rimaneva lì, davanti a loro insieme alla cattedrale e al suo battistero...
L'uomo ebbe solo il tempo di dire: "Te l'avevo detto io che dalla finestra del Kinzica, l'avevo vista, la torre. Ma te m'hai dato del bischero e poi hai voluto ruzzà...". I due non fecero in tempo a dirsi altro che... un urlo li destò entrambi, all'improvviso, senza che essi avessero il tempo di capire qualcosa.
"Babbooo! Mammaaa! Gigi m'ha detto che sono piccina e brutta! Gigi è cattivo! Diteglielo anche voi che è cattivo!..." In un baleno Matilde fu in mezzo a Franco e Laura, nel lettone matrimoniale, mentre la sveglia emetteva un incessante, fastidioso e intermittente"bip bip, bip bip, bip bip...".
Franco si alzò dal letto, si stirò bene e si recò nella cameretta dei bambini ad apostrofare Pavolino, come chiamava lui il figlioletto. Laura abbracciò la bambina rassicurandola con un "Ma che ti dice Paolo che è lui più piccolo di te di un anno. Vieni qui con me che ti racconto una storia bella bella. Sai dove eravamo, poco fa, io e babbo? Eravamo a Roma!" , "Allora hai visto quell'omino vestito di bianco che viene sempre alla televisione, mamma? Quello che chiami il papa?" chiese Matilde a Laura. "No, bimba mia bellissima. Ho visto la nostra  torre di Pisa e basta." "E poi?" insisté la bimba. "Poi,  è piombato qui nel lettone il mio dolcissimo terremoto di bimba!" e Laura si strinse a sé la piccola Matilde mentre un nodo di emozione le fece inumidire i grandi occhi neri.

Due ore più tardi, nei pressi del Castello di Lari, immerso nella campagna toscana, Laura cercava di recapitare una raccomandata, mentre il cane lupo da guardia le abbaiava contro dall'interno con fare minaccioso. Franco, in quel preciso momento, con il cannello acceso dell'ossido acetilene, se ne stava aggrappato a saldare sopra un'impalcatura sulla prua di uno yacht, in costruzione, fermo in un cantiere della darsena pisana. Entrambi pensando, ciascuno, a una certa Kinzica de' Sismondi... (*)


(*) Eroina pisana durante l'invasione saracena intorno all'anno 1004 o 1005 e che la leggenda pisana volle rappresentare con un frammento di altorilievo di una matrona romana, fuori luogo, se si pensa che l'opera sia stata stimata per appartenere al III secolo d.C.  

Se la nobile pisana Kinzica, che è il personaggio più importante, per Pisa, nella sfilata storica delle Repubbliche Marinare, fosse stata romana, allora può stare in piedi anche il sogno di Franco e Laura... O noe? Come si dice noiartri pisani!


Copyright Tiziano Consani  - marzo 2016
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