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lunedì 7 settembre 2015

5° Cap. - "Scorfano, il graffitaro" - Da "Le proiezioni nella stanza 5" di Tiziano Consani



V Capitolo

L'estate del 2013


Il giorno successivo, la maturità non fu un evento brillante per Cristian, perché la mattina, giorno della prima prova scritta di esame, sulla sua e-mail, il messaggio di istruzioni pervenutogli da Igor, aveva messo in agitazione il ragazzo. Poche parole, una data precisa, un luogo preciso, una precisa commissione:
"Fra un anno, il giorno 10 luglio 2013 - Ore 15.00 - Palazzo Ducale di Venezia - Stanza esposizione di Manet - Finestra centrale con vista sulla Basilica di Santa Maria della Salute - Scatta tre foto al panorama e inviale all'istante all'indirizzo e-mail dal quale stai ricevendo il seguente messaggio. Per il tuo disturbo, appena rientrerai dalla vacanza, troverai il buon servito, a Tre Colli, in una busta appoggiata sopra alla trave portante del rudere della Capanna dello Zoppo. Igor non ripete mai e fa sempre quello che promette!".

Dopo aver letto, in particolare l'ultima frase, Cristian ripensò al gesto, fatto con la lama del coltello, che Igor gli aveva puntualizzato, la mattina precedente, a La Foce e l'agitazione cominciò a impossessarsi del ragazzo. Pensò a come avrebbe potuto usare quel messaggio scritto come prova per denunciare Igor. Ma chi l'avrebbe creduto, poteva essere preso come uno dei tanti messaggi di spam inviati da postazioni web di difficile localizzazione. Anche raccontare il tutto non sarebbe stata una buona idea perché Cristian non aveva un aspetto molto raccomandabile e di fronte a polizia e carabinieri, considerando che era, anche da loro, conosciuto per le numerose segnalazioni dovute ai suoi murales abusivi, non avrebbe avuto credibilità sufficiente a poter far partire un minimo di indagine. Di fronte a un magistrato, Cristian era già solo lui stesso un elemento sospetto. Fu così che il ragazzo, considerato che per sua fortuna non gli era stato chiesto di uccidere nessuno e che, alla fine, il lavoro da fare si limitava a tre scatti fotografici, si tenne tutto per sé, fece scorrere l'anno, disegnò i suoi graffiti dove gli capitava, di notte ebbe incubi su incubi vedendo Igor che, con il suo coltellaccio, gli incideva la carotide e continuò a sperare di trovare una ragazza, sperando di non dover mettere in pericolo anche lei. Quest'ultima, come  piovuta dal cielo, o meglio fra i banchi di scuola,  come fosse uscita da uno dei muri sui quali era solito disegnare e avesse preso vita, fu proprio Silvia: la ragazza irraggiungibile dei sogni a occhi aperti, fatti per mesi da Cristian. Quel viaggio, insieme a tutto il contorno, avrebbe potuto essere un altro sogno e, in  buona parte, lo fu veramente...

I primi due giorni trascorsi a Venezia, che fecero seguito a quanto poté accadere nelle precedenti due notti insonni, a causa della preoccupazione per il dover affrontare quella strana incombenza, riguardarono interessi che furono più, anatomici, verso Silvia che rivolti alle opere d'arte. Cristian si dette un gran da fare, ben corrisposto dalla sua conquista ufficiale. Poi, però, il terzo giorno, la prova del nove non ebbe esito fra le profumate e morbide lenzuola di seta del costoso quanto gratuitamente offerto e super climatizzato albergo, a sei stelle, di Piazza San Marco,  ma dentro il lì vicino Palazzo Ducale.

Appena il tris fotografico fu inviato via e-mail, sullo smartphone di "Scorfano", ormai lo aveva chiamato così, per ben due notti, intimamente indaffarate, anche la dolce Silvia, pervenne un messaggio SMS con la seguente parola: "Грэзи", che il traduttore automatico individuò come un "Grazie" scritto in lingua russa.

Cristian e Silvia ebbero un'altra intera notte a disposizione, per godersi alla grande i piaceri amorosi che la suite messa a  loro a completa disposizione, poté, al meglio, offrire.

Al ritorno, dopo aver lasciato la sua bella nell'appartamento in città, dove lei risiedeva, il ragazzo si recò subito in paese alla vecchia Capanna dello Zoppo e vi trovò, dove convenuto, quello che sperava non potesse veramente esserci. Cioè ben centomila euro in duecento foglioni, veri, da cinquecento euro ciascuno.

Certo che centomila euro, senza considerare i quasi duemila che Igor consegnò a Cristian, prelevandone una manciata dalla sua borsaccia, la mattina dell'incontro a La Foce, erano una bella cifra e non potevano essere il compenso per  aver fatto tre foto... Il ragazzo intuiva che la posta in gioco fosse ben altro, ma non riusciva  a capacitarsi di quale o di che cosa potesse trattarsi. Chissà che quei soldi,  non fossero che spiccioli per chi gli aveva passato la commissione e lui era stato solo sfruttato e liquidato con poco per fare in modo di non dare, al tutto, il vero peso che avrebbe dovuto avere, depistando eventuali indagini da parte di chi ci avesse indagato sopra.

E quel SMS in russo? Che cosa centravano i russi? A che cosa potevano servire quelle tre sue foto, scattate e inviate dal Palazzo Ducale di Venezia? E poi, la persona  con l'aria del buttafuori, che era sempre davanti alla porta del lussuoso albergo, in pieno centro di Venezia, dove soggiornarono per tre giorni di seguito Cristian  e Silvia, che fissava la ragazza da capo a piedi, ogni volta che gli passavano davanti?  Era lì per pura casualità, solo per apprezzare le perfette misure della bella Silvia, o altro? Chi era veramente il baffuto Igor e che fine aveva fatto? Perché dopo quella domenica, di un anno prima, non si vide più in giro e sparirono anche tutti gli altri uomini che cercavano lavoro in paese?

Tante, troppe domande, invadevano la testa di Cristian, tanto da farlo decidere di andare con il malloppo, l'SMS ancora memorizzato sullo smartphone, la copia dell'e-mail ricevuta l'anno precedente, le poche telegrafiche istruzioni ricevute sui pernottamenti la mattina stessa del soggiorno e un riassunto scritto del suo racconto, a suonare il campanello della caserma dei carabinieri di paese, alle cinque della mattina successiva, dopo non aver chiuso occhio per tutta la notte.

Lì per lì, l'appuntato, sempre insonnolito, che ricevette in primis Cristian, ben conosciuto ormai anche in paese con il nomignolo con il quale l'avevano ribattezzato, pensò a uno scherzo, tanto che sul primo, sbadigliando, gli disse: "Scorfano cos'hai combinato a quest'ora, spero che tu non sia venuto a imbrattare il muro esterno della caserma!",  ma appena vide il malloppo in contanti che il ragazzo gettò sulla scrivania del militare, quest'ultimo chiamò subito il comandante della caserma e, il maresciallo in questione, tempestò Cristian di domande.

Dalla caserma dei Carabinieri di Calci, attraverso la prefettura, il plico di Cristian Berti era sul tavolo riunioni  della procura pisana. In breve tempo tutte le importanti cariche del Ministero dell'Interno erano state avvisate. Il reparto radar dell'Accademia Navale di Livorno, dopo una riunione con alti ufficiali,  cominciò a far circolare informazioni che viaggiavano crittografate avanti e indietro sotto il controllo della NATO. Tutti i reparti militari erano stati mobilitati e l'FBI fu informato per condurre indagini di controllo.
Dopo l'interrogatorio fatto a Cristian sul fatto degli scatti fotografici a Venezia, gli inquirenti non individuarono assolutamente niente che potesse avere una connessione logica con la deposizione del ragazzo. Tutto sembrava estremamente fantasioso e Cristian fu fermato nel carcere di Don Bosco, per alcuni giorni, solo al fine di cercare di capire dove, effettivamente, avesse preso quei centomila euro. I soldi furono immediatamente sequestrati mentre fu aperta, su Cristian, nel frattempo trasferito ai domiciliari, un indagine più approfondita che non ebbe tempo di arrivare al suo compimento. Nel mentre che gli inquirenti, lentamente, indagavano da oltre  un anno senza trovare niente che potesse scagionare "Scorfano" da un'accusa certa per essersi inventato una storia che non stava né in cielo né in terra e per giustificare quella grossa somma di denaro illecitamente guadagnato in qualche malo modo, ci fu l'attacco, inaspettato, terribile e devastante. Chi avrebbe mai pensato che tre foto scattate un anno prima da un finestra di un museo veneziano, verso la basilica di Santa Maria della Salute, fossero state l'innesco di quello che stava accadendo quel terribile pomeriggio del 15 dicembre 2014?

Eppure, Cristian, con le sue strane intuizioni, impregnate dal fatto di aver ricevuto, crescendo, una educazione cattolica, aveva ipotizzato che il buffone di corte, rappresentato dal "Pifferaio" di Manet, l'incentivo alla trasgressione amorosa proposta dall'opera "Olimpia" e la basilica di Santa Maria della Salute vista come l'opposizione a un mondo incancrenito dove l'unico lasciapassare alla salvezza, per i detentori della fede, possa essere solo la preghiera intesa come elemento forgiante e riparatore di  un mondo fatto esclusivamente di interessi economici occulti, potevano essere, invece, una simbolica trilogia per inscenare un attacco clamoroso, proprio ora che il super controllo statunitense era reso vulnerabile dalla crisi economica e da quella, ancora più devastante, dei valori umani. Questo con la fantasia ma, realmente, era improponibile da raccontarsi a una scimmia, figuriamoci agli inquirenti dell' FBI!

Cristian si sentiva colpevole di essersi prestato a qualcosa di illecito, ma, nello stesso tempo, non poteva sapere che lui, in tutto ciò, direttamente, non c'entrava assolutamente niente e che quelle tre foto, in effetti, erano state solo un diversivo per distrarre tutto e tutti con un estroso personaggio, quale lui era, mentre qualcun altro si occupava di ubbidire espressamente agli ordini.



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Autore: © Tiziano Consani


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Il racconto è frutto della fantasia dell'autore. I personaggi che lo animano, i loro nomi, i soprannomi e i fatti accaduti, sono tutti inventati, mentre i luoghi pubblici e quelli geografici sono reali. Come reali sono gli artisti citati e le loro opere.


La produzione è sempre quella e ultima, della "Stanza n. 5" ...


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