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martedì 8 settembre 2015

6° Cap. - "Scorfano, il graffitaro" - Da "Le proiezioni nella stanza 5" di Tiziano Consani




VI Capitolo


L'evento sconvolgente


Quel giorno del 15 dicembre 2014, alle ore 16:30, Cristian si trovava in casa, da solo. Dopo essersi acceso il fuoco nel caminetto, si era trattenuto sulla seduta posta all'interno del grande focolare della cucina e stava fissando la fiamma che scoppiettava allegramente, ben alimentata dalla legna d'ulivo stagionata. Si mangiucchiava una crosta del buon pane integrale e casalingo che faceva sua madre e che aveva recuperato rovistando nella vecchia madia di famiglia: un gioiello in massello di noce, tenuto funzionale più per mantenere in vita il ricordo dei nonni non più presenti che per contenere il pane: infatti era sempre vuota ed era già qualcosa se, sollevandone il piano superiore mobile, si riuscisse a trovare un rimasuglio di buon pane. Così, rosicchiando quel residuo di pane casereccio, rimembrava il "suo" giorno fortunato con Silvia, mentre con il cellulare, provava e riprovava a contattarla. Già fin  dalla sera prima, la ragazza sembrava essersi volatilizzata.  Gli aveva detto che sarebbe andata a fare una camminata fino alla Pieve e sarebbe ritornata da lì a un paio di ore.  Dopo circa tre ore lo aveva contattato con un SMS scrivendogli che non sarebbe rientrata perché erano tornati in città i genitori, dopo un periodo trascorso a Roma e, con il pullman extraurbano li avrebbe raggiunti. Poi, il giorno successivo, sarebbe tornata da lui insieme a loro. Eravamo già nel pomeriggio ma Silvia non rispondeva né al telefono mobile, né al fisso dell'appartamento sul lungarno. Ad un certo punto, udendo il frastuono che cominciò a provenire dall'esterno, Cristian si precipitò verso la finestra. Non credendo ai segnali visivi che i suoi occhi traducevano al cervello, aveva volato la scala che, dalla stanza dove si trovava in quel momento, portava al piano superiore. Si recò di corsa nella camera più grande, quella che disponeva di un terrazzino dove avrebbe potuto osservare meglio e da un livello di visibilità migliore, ciò che aveva visto prima, dalla finestra del piano terra. La situazione che si presentava fuori era apocalittica e pareva che stesse verificandosi la fine del mondo. Raggi di fuoco partivano e arrivavano contemporaneamente dal cielo: colpivano bersagli mobili che sorvolavano la zona ad alta velocità. La valle che guardava verso il mare e terminava la sua traiettoria nel porto di Livorno era invasa da lingue di fuoco che, ad ogni bersaglio mobile centrato, creavano immense esplosioni che illuminavano a giorno l'oscurità prodotta dal pomeriggio invernale. Inizialmente pensò, fantasiosamente, a un attacco alieno ma subito concretizzò che si trattava di un vero e proprio bombardamento: una guerra reale e terrestre; una terribile battaglia che si stava verificando fra cielo e mare sopra la sua testa e a quelle di molte altre persone che in quel momento stavano vivendo quella terribile esperienza. Ogni velivolo colpito esplodeva nel cielo quasi istantaneamente e le parti meccaniche infuocate cadevano a terra innescando incendi nel bosco intorno. Un enorme e vicino boato avvisò Cristian che qualche grosso frammento era caduto sul tetto della propria casa e, sicuramente, lo aveva sfondato. Prima di  precipitarsi al piano di sopra per verificare l'entità del danno, un assurdo istinto lo fece fermare per mettere un secchio sotto al rubinetto dell'acquaio di cucina, in modo da avere acqua a disposizione per fronteggiare eventuali incendi. L'oggetto caduto sul tetto era un frammento meccanico acuminato che si era conficcato fra il soffitto ed i travicelli da poco restaurati e che, pur sfondando il soffitto a tetto, a parte i calcinacci sparsi ovunque nella stanza, non aveva prodotto eccessivi danni. Nell'istante che il ragazzo cercò di mettere a fuoco ciò che stava accadendo, una quantità elevata di frammenti metallici di piccole dimensioni, come fossero chicchi di grandine, si rovesciarono rumorosamente sul tetto della casa. Attirato da un altro rumore più forte e assordante, si precipitò ad aprire la finestra della stanza nella quale si trovava e vide, nel cielo, un grosso elicottero militare a doppia elica. Poté constatare che fosse a non più di cento metri davanti alla sua visuale. Cristian non fece in tempo a raccogliere le idee che un razzo colpì l'elicottero che, in pochi secondi, avvolto in una palla di fuoco, sprofondò, insieme al suo equipaggio, in fondo alla vallata. 
Tutto avveniva in cielo ma molti di quei micidiali raggi di fuoco venivano dal mare, dal porto livornese. Cristian era solo in casa e terrorizzato, il suo cervello roteava come impazzito, pensava a Silvia, a dove fosse.
La corrente elettrica era andata via, il cellulare non aveva alcun campo. Sgomento, il ragazzo, osservando la scena che si susseguiva sopra di lui, poté capire che  quel campo di battaglia si estendeva in vasta area dei territori pisani e livornesi. Rimaneva da capire il perché di tutto ciò che stava accadendo.
Cristian ci arrivò in parte da solo, dopo un breve ragionamento e collegando insieme tutti i pezzi del puzzle che nei mesi precedenti aveva trovato, sparpagliati, lungo il suo cammino mentre, passeggiando in paese e sui monti cercava idee e finanziamenti per dare vita ai suoi soggetti murari. Ma gli mancava il più e il meglio...



Per leggere il settimo ed ultimo capitolo, completo di epilogo, fare clic sul tasto rosso qui sotto:



Autore: © Tiziano Consani 


Questo racconto, in SETTE capitoli, è offerto in lettura gratuita da: 




Il racconto è frutto della fantasia dell'autore. I personaggi che lo animano, i loro nomi, i soprannomi e i fatti accaduti, sono tutti inventati, mentre i luoghi pubblici e quelli geografici sono reali. Come reali sono gli artisti citati e le loro opere.


La produzione è sempre quella e ultima, della "Stanza n. 5" ...


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